PROF. FRANCESCO DIAMANTI, DIRETTORE DEL CENTRO DI RICERCA INTERDIPARTIMENTALE SULLA SICUREZZA ALIMENTARE (CRISA)
- Professor Diamanti, vuole illustrarci brevemente di cosa si occupa il CRISA, il centro di ricerca interdipartimentale che lei dirige?
Come giustamente ha detto lei, il CRISA – nato nel 2024 – è un centro di ricerca e si occupa nello specifico di tematiche relative al mondo degli alimenti, sotto due profili di studio, quello scientifico e quello giuridico ed è per questo che il centro trova naturale sede presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.
Il CRISA – che ho il piacere e l’onore di dirigere per il prossimo triennio – nasce da una sinergia quasi decennale tra i Dipartimenti di Scienze della Vita e quello di Giurisprudenza, attraverso una collaborazione resa possibile grazie anche a diversi progetti congiunti di ricerca (il primo risale al 2016). Collaborazione che, per fare un esempio, ha permesso negli anni di istituire anche un corso di diritto penale alimentare all’interno del Dipartimento di Scienze della Vita, con il quale, per dirla in maniera volutamente semplice, “abbiamo insegnato il diritto penale alimentare agli scienziati”.
Questa proficua collaborazione è proseguita poi negli anni, anche grazie al prezioso supporto del Professor Andrea Pulvirenti, microbiologo degli alimenti, Professore Associato presso il Dipartimento di Scienze della Vita, che è diventato successivamente il riferimento per la parte scientifica che, insieme a quella normativa e giuridica che seguo io in prima persona, costituisce l’asset portante del CRISA, che vede oggi un’interazione e contaminazione reciproca e continua tra giuristi, scienziati in genere e tecnologi alimentari.
- Prof. Diamanti, come sa, i Consorzi di Tutela e con essi le Associazioni di riferimento come ISIT, affiancano quotidianamente le aziende nel loro lavoro di promozione, valorizzazione e continuo studio di miglioramento qualitativo dei prodotti. A suo avviso, in che modo il CRISA potrebbe incontrare e supportare le esigenze dei Consorzi di Tutela sfruttando questa doppia anima, scientifica e normativa, che vi caratterizza?
Il CRISA si rivolge alle imprese agroalimentari a 360 °, avendo al nostro interno un know-how giuridico e un know-how scientifico specializzato nel settore degli alimenti.
Possiamo quindi, in primis, fornire alle imprese – e quindi anche ai Consorzi nel loro ruolo di aggregatore di aziende – ausilio nel campo della ricerca, partecipando con loro a bandi nazionali ed europei. In secondo luogo, possiamo essere un interlocutore importante per quanto riguarda la formazione e la consulenza, per creare e sedimentare una cultura giuridica in materia alimentare che riteniamo fondamentale debba esserci internamente alla singola azienda. L’Italia, lo sappiamo, è all’avanguardia e punto di riferimento per quanto concerne le disposizioni e i controlli in termini di qualità e sicurezza e questo impone alle aziende di essere sempre al passo con i tempi. È fondamentale – ma per niente scontato se pensiamo, in particolare, alle numerose piccole e medie realtà aziendali che caratterizzano l’ossatura produttiva del nostro Paese – che i processi aziendali siano studiati e implementati a quattro mani con giuristi, in particolare penalisti, avendo chiare a monte tutte le possibili implicazioni e sanzioni connesse al proprio ciclo produttivo.
Lato Consorzi, invece, il CRISA può rappresentare anche un partner accademico accreditato con cui attivare ricerche sul prodotto o di compliance legislativa, anche in risposta a bandi che a vari livelli – regionali, nazionali o europei – mettono a disposizione risorse in tal senso, con l’obiettivo di creare progetti dedicati di ricerca, formazione e consulenza in materia scientifica ma, soprattutto, giuridica e penalistica nello specifico che possano essere di reale e fattivo supporto alle aziende.
- Quali sono dunque Professore le conclusioni che possiamo trarre da questa chiacchierata?
Io direi che sono tre gli elementi che ho già citato e su cui concentrare la nostra attenzione: ricerca, formazione e consulenza. Questi sono i servizi che possiamo offrire, sia in materia scientifica – nello specifico microbiologica – ma anche e soprattutto in quella giuridica, penalistica in particolare. Nello specifico, la consulenza giuridica è la parte che spesso manca nelle aziende di produzione ed è quindi di fondamentale importanza diffondere la cultura della consulenza e della formazione giuridica in materia alimentare. Poter entrare in un’azienda e guardare con l’occhio del penalista i processi, sia organizzativi che produttivi, consente di dare la consulenza necessaria sotto vari profili, con l’obiettivo di aiutare le aziende ad operare con i più elevati standard di conformità.
- Professore, sappiamo che è appena uscito un suo libro dal titolo: “Diritto penale alimentare e tecnica legislativa. Uno studio sulla decodificazione”. Vuole raccontarci brevemente di cosa tratta?
Diciamo subito che si tratta di un libro accademico, non di carattere divulgativo e pertanto si rivolge primariamente alla comunità scientifica. Fatta questa premessa, posso comunque dire che la mia monografia affronta il rapporto tra il diritto penale alimentare e la “tecnica legislativa”: si tratta, in altri termini, di uno studio di scienza della legislazione penale che spera di innescare un dibattito scientifico sull’opportunità, nel nostro tempo, di smettere di sognare stravolgimenti interni a un Codice penale vecchio e che non riusciamo a riformare, per progettare nuovi “Codici di settore”. Io, tra le altre cose, sostengo che in questo ambito servirebbe un codice nuovo, un vero e proprio „Codice Alimentare“. Vede, rimanendo sulla doverosa tutela degli interessi economici, le posso dire che il food è oggi il più importante datore di lavoro nel mondo: il numero elevatissimo di consorzi e di imprese che operano in questo ambito (grandi, medie, ma anche piccolissime), dimostra l’importanza di progettare reati alimentari innovativi, che però attualmente non abbiamo. Alcune forme molto gravi di criminalità alimentare, come ad esempio il fenomeno dell’italian sounding o la contraffazione di DOP, IGP e STG, proliferano in un Paese come il nostro, in cui la disciplina penale alimentare rimane frammentata, inefficace e ben poco decifrabile.